Ormai parlare di gruppo rivelazione appare inappropriato. Pare invece decisamente più adeguato scrivere de l’Orso come attesa conferma discografica, conferma che si è concretizzata con l’ultimo singolo Giorni Migliori, che su iTunes è schizzato al primo posto della classifica per i singoli alternativi. Ed è sul tramontare del 2014 che ho avuto l’occasione di fare due chiacchiere a trecentosessanta gradi con Mattia Barro, voce e mente de l’Orso, a due mesi dall’uscita del secondo disco “Ho messo la sveglia per la rivoluzione”.
(aggiornamento: il disco è uscito oggi ed è disponibile per il download su: https://itunes.apple.com/it/album/ho-messo-la-sveglia-per-la/id954462794 )
Il vostro nuovo singolo, Giorni Migliori, è stato un successo, soprattutto per una band “indie” e credo, per quello che ho visto, che il passaparola tra i fan sia stato molto importante per questo risultato, dico bene?
Sì, assolutamente, abbiamo la fortuna di avere una fanbase composta da tante persone che si vogliono bene, sembra di essere tornati un po’ agli anni 90’, dove usi il passaparola per condividere delle cose che ti fanno stare bene, quel passaparola che un tempo usava come mezzo le audiocassette e che oggi utilizza internet. Io credo che questa sia una grande vittoria.
Ha certamente aiutato anche la promozione fatta dai vostri amici di etichetta della Garrincha. Cosa significa per te fare parte di questa famiglia allargata?
Io ci ho messo un po’ a entrare in questo nucleo familiare, siccome sono una persona un po’ diffidente in partenza, ma poi in realtà non ci è voluto molto a capire l’onestà di questo fantastico gruppo. Ci ha legato molto il collaborare e il condividere lo stesso palco con altri artisti della Garrincha. Secondo me c’è un clima da etichetta rap, c’è uno sprone reciproco e tutti cercano di spingere tutti gli altri, perché si è capito che se l’obiettivo lo si spinge tutti assieme, lo si raggiunge più facilmente.
Con nuovi elementi all’interno della band cambierà anche il vostro sound? In Giorni migliori, Quello che manca e Lui e Lei, le vostre tre canzoni più recenti, la virata sull’elettronica pare evidente. Cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo album?
Sono tre pezzi molto diversi, ad esempio Giorni Migliori è un brano pop semplice ma non banale: in Italia c’è la convinzione che se fai un pezzo semplice non ti sei impegnato, ma secondo me non è facile produrre qualcosa di semplice, tenere un brano nella sua semplicità iniziale è qualcosa di difficile.
Abbiamo parlato di Giorni Migliori, soffermiamoci per un istante sul videoclip, dove vi siete recati nelle piazze principali di varie città italiane, offrendo abbracci, da bendati, ai passanti. Perché quest’idea?
L’abbraccio deriva dal fatto che era la cosa più semplice da fare, e noi volevamo ripartire dalle cose più semplici. L’idea dell’essere bendati deriva dal fatto che non volevamo essere condizionati dall’aspetto delle persone.
Dal presente ed il futuro, al passato: qual è il momento più bello che hai vissuto durante la prima fase de L’Orso?
Penso sicuramente quello a teatro. Abbiamo fatto un concerto a teatro con l’orchestra, dove abbiamo dovuto insegnare a 30 persone come fare i nostri brani, abbiamo fatto tutto il lavoro possibile attorno al progetto, è stato un lavoro enorme rispetto a quello che eravamo. Abbiamo anche voluto dimostrare che in Italia le cose si possono fare autonomamente, senza andare a pregare altre persone.
C’è una canzone alla quale sei particolarmente affezionato?
Sicuramente “Di chi ti ricordi”, un pezzo un po’ in ombra dal nostro terzo EP “La Domenica”, perché è il primo pezzo dove ho parlato di un fatto della mia adolescenza senza romanzare. Sono stato diretto.
La tua canzone che ti piace meno?
“Ottobre come settembre”, significa tanto per l’Orso ma poco per me, mi sembra una canzone molto ingenua in certe cose, infatti live faccio molti cambiamenti, perché nella mia mente è cambiata da quando l’ho scritta.
Recentemente i ragazzi dello Stato Sociale hanno ricevuto critiche dai fan della scena indie più “puristi”, di essersi venduti, e quindi di non essere più poi così interessanti. Cosa ne pensi? Temi che in futuro la stessa cosa possa succedere a voi?
Penso che i fan della scena indie se si autodeterminano così, dovrebbero smetterla. Di base c’è questa idea di dover far parte di un qualcosa di piccolo ed esclusivo, e questo a mio avviso è l’antiascoltatore. In certi ambienti c’è questa idea di dover tenere le cose piccole piccole. C’è la paura di venire esclusi dalla propria esclusività. Il problema è che quando una band indie diventa grande, gli ascoltatori smettono di sentirsi speciali.